19 Maggio 2025

Retrocedere non conta? Le parole di Moncada e il peso (sottovalutato) della Serie D

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Davvero la Serie C o la Serie D sono la stessa cosa? Se lo dice un dirigente del Milan, qualcosa non torna.

Nel mondo del calcio, le parole pesano. Soprattutto quando arrivano dall’alto. E in un momento delicato come questo, con la retrocessione del Milan Futuro ormai ufficiale, fanno discutere (e non poco) le dichiarazioni del direttore tecnico rossonero Geoffrey Moncada prima di Roma-Milan ai microfoni di DAZN: “Serie B o C non è importante per noi, è importante creare talenti”.

Una posizione che, detta così, appare quanto meno superficiale. E che, proprio per questo, rischia di generare un cortocircuito comunicativo, strategico e reputazionale. Perché se è vero che l’obiettivo primario di una seconda squadra è lo sviluppo dei giovani, è altrettanto vero che il contesto competitivo in cui quei ragazzi vengono formati ha un peso. Eccome se ce l’ha.

Ridurre la differenza tra Serie C e Serie D a una questione marginale vuol dire ignorare quanto il professionismo, con le sue pressioni, i suoi ritmi, il livello delle strutture e delle avversarie, possa incidere sulla crescita di un calciatore. Ma non solo. La retrocessione in D ha impatti anche economici, di immagine e di progetto: a livello di visibilità, introiti, copertura mediatica e appeal per gli stessi giovani da attrarre.

E poi c’è un tema ancora più ampio. Quello del rispetto verso un sistema, quello dei dilettanti, che Moncada, forse involontariamente, ha finito per sminuire. Perché un club come il Milan, con il suo nome, il suo peso, la sua struttura e i suoi mezzi, in Serie D rischia di oscurare e stravolgere l’equilibrio competitivo di tante realtà più piccole, che vivono di passione, sacrifici e territorio. È davvero questa la visione di sistema?

Infine, c’è un altro punto da non trascurare: la comunicazione. Il Milan, soprattutto in un periodo mediaticamente teso, non può permettersi di sottovalutare il Reputation Management, cioè la gestione della reputazione. A maggior ragione se a parlare è un dirigente di vertice. Una dichiarazione del genere, così nuda e cruda, non sembra filtrata né strategicamente pensata. E questo, per un brand globale, è un errore da penna rossa. Perché nel calcio di oggi non esiste solo il campo: c’è anche tutto ciò che ci gira intorno, e che ne definisce l’identità, la credibilità e la visione.

A cura di Giada Bruno

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